Ecco perchè continuo ad amare questo bel paese folle, ammirato e deriso da molti, e non solo da Dante (ricorderete quando scrive nel suo Purgatorio: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!”). Ecco: lo amo perché continua a generare geni dal suo caotico ventre secolare.

Sono piena di gratitudine e orgoglio per la bellissima amicizia che ho con Miriam Garagnani, professoressa e pianista geniale a 3600 Gradi (tremilaseicento gradi di passione).

Grazie all’infallibile Legge della Risonanza ci siamo date “appuntamento” a Spilamberto (in provincia di Modena), dove Miriam ha ben pensato di nascere nel ’67 e dove io mi sono trasferita casualmente nel lontano ’93.
In questo piccolo paese (qui definito da tutti un po’ strano) esiste un vivacissimo Libero Conservatorio Privato riconosciuto, che ha rapporti professionali e umani con Scuole di Musica in tutto il mondo, fondato proprio sulla viscerale passione per la Musica, quale strumento per un mondo migliore.
Inutile che vi trascriva tutto il papiro relativo alla professionalità internazionale di Miriam; date piuttosto un’occhiata al volo al suo curriculum; poi immergetevi nel passionale e anarchico racconto della sua missione: insegnare il pianoforte ai bambini di ogni età.

Siccome questo è un blog che intende avvicinare la vita e la medicina all’Arte, Miriam vi racconterà la sua incredibile esperienza di oltre 18 anni con i bambini cosiddetti “fortemente disabili”, attraverso la stimolante potenza della metafora. Tanto per sottolineare ancora una volta quanto si può fare con l’amore, la passione e la libera ricerca, che se ne infischiano dei giudizi preimpostati.

Un grazie speciale a Miriam, e a voi una felice immersione in questo enigmatico mondo di piccole persone speciali (la parola persona indica etimologicamente: “Colui che suona”!).

Le incredibili avventure di Peter Pan
Peter Pan è un bambino. Il cosiddetto “Complesso di Peter Pan” è tipico dell’adulto che non vuole mai crescere. E se un Peter Pan (bambino) incontra un adulto che decide di soffrire del suddetto complesso solo in presenza del nostro Peter Pan, cosa succede?
Mi spiego meglio: se un insegnante si adatta come un guanto a un allievo, parla la sua lingua, e si propone come un altro sé appena un po’ più evoluto, in modo da essere un modello, senza però mettere soggezione, allora, cosa succede? Succede che scatta l’empatìa e l’allievo segue il maestro ovunque, anche in volo.

Bene, direte voi, brava, bis. Insegni così il pianoforte ai tuoi allievi? Ottimo! Difficile, ma ottimo!
Tu, però, proprio tu, sensibile ai problemi dei giovani, perché sei così contraria alla Musicoterapia? Eppure sappiamo che hai molti ragazzi disabili fra i tuoi allievi. Non capiamo.

La Musicoterapia di gruppo è una gentile concessione del mondo dei “normali” verso il mondo inferiore dei disabili. Seduti in cerchio ad ascoltare musicisti falliti che eseguono tristissime melodie elementari, le quali, nel migliore dei casi, vengono accompagnate dagli allievi con legnetti e tamburelli. Chi di voi “normali” si sentirebbe musicalmente ispirato? È questa veramente Musica? È questa veramente Terapia? Per favore, chiamiamo le cose con il loro nome: ci sono tanti musicisti scadenti che devono lavorare, e questo è un modo per permetterlo. Rimando a un altro mio intervento l’analisi delle cause che portano un musicista a definirsi “fallito” e la proposta della soluzione: il fallimento non è per sempre.

Qui voglio soltanto rispondere a una domanda: “Chi è disabile, e chi non lo è?”

Di seguito troverete un excursus “a volo d’angelo” su alcuni dei miei allievi attuali. Non citerò i casi passati e nemmeno i ragazzi seguiti dai miei colleghi, basti sapere che l’esito è sempre stato in linea con ciò che leggerete.

Penelope
Come la sua omonima, moglie di Ulisse, tesse per coprire i buchi della tela e aspetta il ritorno di suo marito. Non ha vita facile coi proci, ma, alla fine, la spunta. La mia Penelope deve tessere e coprire i buchi che il suo cervello ha ereditato, il filo è quello della conoscenza. Penelope si appassiona al pianoforte e decide che è la sua strada. Quando il suo Ulisse (io) sparisce per due lunghi anni, lei aspetta, non vuole un sostituto. Aspetta il suo (mio) ritorno. Nel frattempo tesse, tesse, tesse. Mi chiama appena qualcuno le dice che sono qui e riprende da dove ha lasciato due anni prima. Tessendo negli anni dell’assenza ha approfondito i meccanismi dell’apprendimento negli altri. Penelope ha diciassette anni e studia per diventare maestra d’asilo. Oggi lavora e insegna pianoforte. Ha una proprietà di linguaggio incredibile: per spiegare a un bambino il piano e il forte, gli ha chiesto di colorare un elefante e un pulcino con due colori diversi: il primo con un colore che il bambino stesso riteneva “pesante” e il secondo con un colore “leggero”.

Cappuccetto Rosso
Cappuccetto Rosso ha il cappuccio dentro la testa, dunque non può toglierlo. Qualche volta le scivola talmente giù che non ricorda i nomi degli amici più cari. Quando il cappuccio scende, fa fatica a camminare; però, che il cappuccio sia giù o su, esegue egregiamente le scale, gli studi, Bach e Satie (gli ultimi due a memoria).

A sette anni Cappuccetto Rosso chiede di entrare nella mia classe: la neuropsichiatra aveva consigliato un’attività che le desse coscienza delle sue terminazioni minute, come le mani. Veramente, il consiglio era stato “imparare a fare collanine con le perline”, ma Cappuccetto Rosso voleva allineare il volo diamantino di una melodia, non di un gioiello dozzinale. Cappuccetto Rosso ha già sostenuto esami di pianoforte, con giuria esterna, e ha ottenuto la valutazione di 9/10. Ha vinto borse di studio e frequentato master-classes. Si è già esibita in una ventina di performances. Attualmente, a diciassette anni, lavora e insegna pianoforte ai figli dei lupi travestiti da nonna.

La Sirenetta
La Sirenetta canta (parla), ma il suo non è un canto udibile agli esseri umani. Dicono che è incomprensibile. Sono suoni senza senso. Cosa vuol dire “nghege” e “ago”? La Sirenetta è malferma sulle gambe (per forza, ha sempre usato la sua coda di pesce!) e ha paura di sbucciarsi un ginocchio (che cosa sono le ginocchia?). Nel mare tutto è attutito, non ha peso. Fare la lotta è un volteggio, non ci si può colpire dolorosamente. La Sirenetta ed io facciamo sempre una “lotta di abbracci e baci” mentre suoniamo. Ultimamente è felice perché tutti la capiscono quando dice: “Dondolo, Regina, Micio, Farfalla, Sole, Lampadina, Sipario.” La Sirenetta incomincia ad apprezzare la sua vita sulla terraferma a otto anni.

Belle
Belle non riesce a parlare. È nata nel castello della Bestia. La Bestia e i suoi parenti sono molto gentili, amorevoli e premurosi. Purtroppo sono anche molto condizionati dagli abitanti del villaggio sotto al castello, che, più simili alle Bestie, ritengono Belle fuori dalla norma. Belle ama la poesia, la scrittura e la musica, ma siccome ha troppe emozioni da esprimere e troppe sensazioni da raccontare, le parole si fermano dentro alla bocca e non escono. Non riescono a mettersi in fila. Solo il mio nome (l’abbreviazione, veramente) esce con facilità: Mimì, o meglio Mi–Mi, la stessa nota ripetuta. In tre anni Belle è riuscita a ordinare la sequenza delle parole, a capire il “prima” e il “dopo” sulla tastiera e ad eseguire addizioni e sottrazioni. Questo, purtroppo, ha portato gli abitanti del villaggio ad imbracciare i forconi, invocando la blasfemìa (“matematica” sul pianoforte!?!); ma La Bestia e i suoi parenti hanno difeso Belle, che continua a suonare, leggere, cantare e a far di conto sullo strumento. Belle ha otto anni.

Nemo
Nemo è un pesciolino di sette anni che vuole scappare e che deve scappare attraverso l’acqua. Attraverso lo scorrere dell’acqua. Attraverso una cascata. Attraverso il rubinetto. Attraverso lo sciacquone del wc. È capace di leggere quattro pagine di note senza errori, a patto che lo si faccia in bagno con i rubinetti aperti. Suona benissimo con lo scroscio dell’acqua come sottofondo. Teme solo che l’acqua finisca, ma io gli ho promesso che non finirà mai.

La Bella Addormentata
La Bella Addormentata ha ancora gli occhi chiusi. Due anni fa aspettava un Principe Azzurro che la svegliasse. Lo chiamava dal pianoforte di casa sua. Il Principe arrivò. Si chiamava Johann Sebastian Bach. I dottori non avrebbero scommesso sulle sue dita contratte, ma lei le sciolse per il suo Principe. Adesso si sta preparando al prossimo esame. Non ha ancora superato lo shock della fine della lezione, perché piange, si aggrappa al pianoforte e urla: “Voglio suonare ancora Baaaaach!” Di solito si alza di notte e lo studia. La Bella Addormentata ha sei anni.

Il mio volo d’angelo termina qui. I ragazzi menzionati sono tutti “disabili gravi”, secondo il senso comune, ma studiano e seguono un curriculum assolutamente identico ai loro colleghi standard.

Domanda: “Chi è disabile e chi non lo è?”
Risposta: “Tutti.”

Prof. Miriam Garagnani