Eccolo, eccolo finalmente: il primo post-ospite.
Signore e Signori vi presento Silvia Canaider, simpaticissima e giovane Prof Universitaria Bolognese insegnante di Biologia Applicata nonché appassionata ricercatrice.
Ci racconta del VID: luogo magico ma molto reale dove scienza ed arte si fecondano a vicenda.
Aprite occhi ed orecchie, meravigliatevi ed immaginate il nostro futuro.

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Grazie Sabine per avermi ospitato nel tuo blog, sono onorata di scrivere in casa di chi mi ha trasmesso tante conoscenze scientifico-alternative e spunti di riflessione.
In realtà io sono di poche parole sia dette che scritte, avrei bisogno di uno scanner per i miei pensieri che invece sono più affollati… ecco, mi hai chiesto di raccontarti un po’ del progetto che assieme ad altre persone stiamo portando avanti, ci provo, almeno facciamo un primo passo.

Ho sempre pensato che quello che insegnavo fosse solo una faccia della biologia. Così come ho sempre pensato che il progetto di ricerca che stavo seguendo fosse solo un tassello del mondo sconfinato dell’essere vivente. Quando ho iniziato a studiare biologia, poi fare ricerca, poi insegnare, poi conoscere persone colte in materia, può essere che mi sia passato per la mente che fare questo lavoro significava arrivare fino in fondo. Ma è stato per poco. Giusto il tempo di entrare con dedizione e stupore in un anfratto dell’essere vivente, poteva essere qualsiasi, per percepirne il profondo mistero che ci impedisce di capirne e conoscerne la totalità.

A volte tutto questo mi disorienta, ma credo che sia proprio questo disorientamento a piacermi. Questo disorientamento che tira fuori la meraviglia e la creatività per amare questo lavoro.

Il progetto che sto condividendo da più di un anno con altre persone, procede in parallelo alla materializzazione (sembra una magia e ne serviranno tante altre per mantenerlo…) di un laboratorio nato a Bologna, il VID che sta per Visual Institute of Developmental Sciences.

VID è un laboratorio dove scienziati e artisti condividono spazi e progetti, dove ci piacerebbe che l’immaginazione e la creatività accanto alla profonda conoscenza del vivente, diventassero l’elemento essenziale per lo studio di “percorsi di trasformazione” che sono alla base della biologia e del divenire dell’uomo nel senso più ampio. Le persone che condividono questi progetti di ricerca hanno formazione culturale e sensibilità diverse e assieme crediamo si possa avere una visione più ampia del problema che si vuole affrontare.

Siamo incuriositi da aspetti del vivente che nella biologia attuale vengono studiati molto poco, e desideriamo andarci a fondo come abbiamo fatto per ambiti molto più convenzionali.
Abbiamo deciso di utilizzare come modello in vitro le cellule staminali adulte, che sono cellule capaci di autorigenerarsi e, se opportunamente stimolate, capaci di intraprendere un percorso differenziativo specifico. Fino a qualche tempo fa si riteneva che nell’organismo adulto ci fossero poche cellule staminali e che per lo più fossero deputare a rigenerare solo il tessuto in cui risiedevano. Ora si sa che ormai virtualmente ogni distretto dell’essere vivente possiede una riserva di cellule staminali adulte e il più delle volte queste possono essere opportunamente stimolate per diventare più di un tipo cellulare. La medicina rigenerativa si basa proprio sull’utilizzo di cellule staminali adulte indotte verso un percorso differenziativo e impiantate nell’organo o tessuto lesionato o in degenerazione, per rigenerarlo fino possibilmente alla guarigione.

A tal fine, la ricerca attuale sta procedendo utilizzando da un lato molecole naturali o di sintesi, dall’altro vettori virali che portano geni specifici. Siamo convinti che le cellule si parlino non solo con la chimica ma anche mediante stimoli di natura fisica. Intendiamo interagire con queste cellule, così peculiari nelle loro caratteristiche, mediante onde di diversa natura e andarne a valutare le risposte.

Carlo Ventura, direttore di VID, ha già condotto due studi in merito.

Nel primo è stato provato che cellule staminali embrionali di topo sottoposte ad un campo magnetico a frequenza estremamente bassa (50 Hz, 0.8 mTrms) vengono direzionate verso un percorso differenziativo a cardiomiciti, verificato mediante un aumento dell’espressione di geni specifici della cardiogenesi e del tessuto cardiaco.

Nel secondo, cellule staminali embrionali di topo sono state sottoposte a radiofrequenze nel campo del Wi-Fi (Wireless Fidelity) a 2.4 GHz, grazie ad uno strumento medico innovativo, il Radio Elecric Asymetric Conveyer (REAC), nato originariamente per utilizzare gli effetti benefici dei campi elettromagnetici sul corpo umano. Si è visto che il REAC indirizza le cellule staminali verso i tre principali tipi di differenziamento: cardiaco, muscolare scheletrico e neuronale. Per quanto riguarda il differenziamento cardiaco è stato evidenziato anche un aumento del numero di cellule che iniziano a battere spontaneamente.

Quello che ci piacerebbe percorrere ora assieme, tra gli altri progetti, è la via del suono.
Tanti sono i benefici del suono che si conoscono a livello macroscopico ma nessuno ancora ha pensato di farlo sentire alle cellule. E dire che anche le cellule, con il loro movimento continuo grazie ad uno scheletro estremamente duttile e affascinante nel suo complesso, emettono vibrazioni, che opportunamente gestite, sono udibili; e proprio questi suoni sono diversi per tipologia cellulare e condizione fisiologica.

Comprendere come comunicare alla cellula coi suoni sarebbe una strada nuova e affascinante per la biologia così come potrebbe essere di grande utilità per la terapia cellulare se i suoni potessero avere un effetto differenziativo per le cellule staminali adulte.

Cara Sabine, le idee, i concetti e le prospettive sono tante. Credo che per ora basti questo assaggio, con l’auspicio che anche la complessità o la necessaria superficialità destino curiosità e interesse.

Silvia Canaider