Sorelle, madri, figlie, nipoti, nonne, bisnonne, zie, suocere, studentesse, casalinghe, veline, manager, lavoratrici, segretarie, bancarie, poetesse, sante fallite e sante misconosciute, e tutte voi che “non sapete ancora bene come definirvi”.
Desiderate allargare i vostri orizzonti? Avete voglia di emanciparvi un po’ per volta (l’importante è fare il primo passo) da lavaggi di cervello secolari?
E se invece a leggere queste righe siete uomini (uomini curiosi suppongo); volete conoscere il vero potenziale delle donne intorno a voi?
E ancora, voi donne sapete chi siete?
Fate parte dell’esercito delle “donne moderne” che nel loro profondo si sentono stressate, nevrotiche, insoddisfatte, mascherate, manipolate, incomprese, ansiose o a rotazione mensile “lunatiche”?

per voi donne

Nulla di nuovo, direte. Ma certo. Sappiamo tutti che questo argomento è una specie di pianta perenne e sempreverde, ed è per questo motivo che vorrei dire pure un po’ la mia.

Non ho alcuna ricetta pronta per uscire dalla variopinta frustrazione femminile di turno; ho comunque sperimentato nel mio lavoro che una donna che si ammala ha tutti gli strumenti dentro di sé per guarire veramente: strumenti creativi, di crescita, di bellezza, di rinascita, di metamorfosi e molto altro.
La donna è come l’umile terra: muore e rinasce mille volte con mille volti diversi, e penso sia bene conoscere e riconoscere questa immensa forza sicuramente innata, forse acquisita nei secoli.

Quindi per questa estate vi propongo una piccola lista di libri da leggere. Se volete assorbiteveli uno dopo l’altro; ma non è obbligatorio. Se non l’avete mai fatto, provate a leggerli tutti in contemporanea, senza ordine apparente se non quello che vi dice la pancia, aprendo qualche pagina a caso nei vostri spazi personali che vi invito a creare a macchia di leopardo.

Alzatevi per esempio prestissimo al mattino, salutate il sole, bevete un grande bicchiere di acqua calda (cosi lo stomaco non si affatica), ringraziate l’acqua che esiste e chiedetele che vi insegni le sue doti universali (ragionate su cosa fa l’acqua e avrete le basi del principio femminile); poi fatevi pure un bel caffè (magari ecosolidale puro arabica) o un profumato thè, e aprite qualche pagina a caso, magari usando la mano sinistra (lato del cuore e collegato all’emisfero cerebrale destro: il nostro lato creativo, immaginario, simbolico).

E se desiderate, scrivetemi qualche vostra impressione a fine estate.
Trovere in fondo l’elenco dei libri senza presentazione, senza recinzione, senza link da cliccare, senza raccomandazione o riassunto.
Provate a fidarvi! Immergetevi nella lettura; mal che vada potete sempre venderli al mercatino delle pulci o regalarli a un’amica un po’ matta (e sempre curiosa) o alla biblioteca addormentata del vostro luogo di vacanze. L’investimento non è più alto di una cena in pizzeria per 5-6 persone.

Buone ferie ovunque siate: a casa, in spiaggia, in montagna, in ospedale o sul terrazzo di un caffè… in aeroporto, sul prato di un parco pubblico del vostro quartiere o sul solito trenino regionale.

per voi donne

Infine mi raccomando: prendete il sole tutti giorni a dosi ragionate: fa bene alle vostre ossa, al sistema immunitario e ingentilisce sicuramente l’animo. E lasciate gli occhiali da sole a casa!a I biofotoni (=energia solare) entrano soprattutto dalle vostre pupille.

Finalmente eccovi l’elenco annunciato. Tante voci femminili, diversi punti di vista, fibre che risuonano comunque in ognuna di noi. Da molti anni consiglio questi e altri testi in ambulatorio accanto o al posto della classica ricetta.

1. La donna è forte – Clarissa Pinkola Estés;
2. Ave Mary – Michela Murgia;
3. Accabadora – Michela Murgia;
4. Un Eremo non è un guscio di lumaca – Adriana Zarri;
5. La trappola Invisibile – Mirella Santamato;
6. La Malattia: La trappola dell’Eros – Gabriella Mereu;
7. Dalla parte delle bambine – Elena Gianini Belotti.

Sicuramente ci sono tanti altri testi-apri-mente e molte di voi avranno già la propria opera preferita (magari me la segnalate!).
Ero invece nel dubbio se elencarvi anche questi due “mattoni”: Donne che corrono con i lupi di Clarissa Pinkola Estes e Il linguaggio della Dea di Marija Gimbutas (ehm… un link piccolo piccolo).

Decidetelo voi… sono un pò pesanti (inteso nel senso di “mole”, e in parte anche per i contenuti), ma secondo me è indispensabile possederli. Forse un giorno queste due opere classiche vi chiameranno, magari già questo inverno, quando il mondo si ferma per qualche giorno sotto un metro di candida neve mentre copre e unisce con tutta la sua innocente potenza il nostro meraviglioso mondo malato.

Per chiudere vi allego questa bellissima poesia di Wislawa Szymborska, che forse invoca anche alcune delle mille facce di noi donne.

L’Acqua
Sulla mano mi è caduta una goccia di pioggia,
attinta dal Gange e dal Nilo,
dalla brina ascesa in cielo sui baffi d’una foca,
dalle brocche rotte nelle citta di Ys e Tiro.

Sul mio dito indice il mar Caspio è un mare aperto,
e il Pacifico affluisce docile nella Rudawa,
la stessa che svolazzava come nuvoletta su Parigi
nell’anno settecentosessantaquattro
il sette maggio alle tre del mattino.

Non bastano le bocche per pronunciare
tutti i tuoi fuggevoli nomi, acqua.
Dovrei darti un nome in tutte le lingue
pronunciando tutte le vocali insieme
e al tempo stesso tacere – per il lago
che non è riuscito ad avere un nome
e non esiste in terra – come in cielo
non esiste la stella che si rifletta in esso.

Qualcuno annegava, qualcuno ti invocava morendo.
È accaduto tanto tempo fa, ed è accaduto ieri.
Spegnevi case in fiamme, trascinavi via case
come alberi, foreste come città.
Eri in battisteri e in vasche cortigiane.
Nei baci, nei sudari.
A scavar pietre, a nutrire arcobaleni.
Nel sudore e nella rugiada di piramidi e lillà.

Quanto è leggero tutto questo in una goccia di pioggia.
Con che delicatezza il mondo mi tocca.
Qualunque cosa ogniqualvolta ovunque sia accaduta,
é scritta sull’acqua di babele.

Post scriptum:
Come ben sapete sono appassionatissima di etimologia; andiamo vedere un attimo da vicino la parola malattia, che deriverebbe secondo molti studiosi da male habitus, ovvero “cattivo modo di essere, cattiva disposizione dell’anima”Habitus deriva a sua volta da habere (avere).
Cito ancora dal bellissimo dizionario etimologico Ottorino Pianigiani: “…ossia tutto ciò che noi siamo destinati o soliti ad avere con noi, a portarci dietro continuamente”. Si potrebbe ora discutere se si tratta del portamento della malattia ormai manifesta o del “proprio modo di essere o sentire interiore”. Suona forse qualche campanellino consapevole? Una malattia può essere vista anche come “specchio del proprio (com)portamento”. Decisamente in contrasto con quanto si spiega comunemente, dando di volta in volta la colpa a virus, batteri e funghi, ai cattivi geni della nonna o ad altri agenti malefici.

 

Aggiornamento (fine agosto 2015): a volte mi piace aggiungere qualche frase… qualche pensiero in risonanza con un “post datato”,… per non dimenticarlo, per rileggerlo, per abbellirlo.

E violà, quest’anno è saltato fuori un *cappello rosso*: esce dalla poesia di Jenny Joseph, nata nel lontano 1932.

Leggete e recitatela per voi stesse (magari a voce alta, davanti allo specchio).

qui potete gustarvi Jenny Joseph… proprio mentre lei stessa legge questa poesia,… è semplicemente fantastica!… almeno per me ;-)

 

Quando sarò vecchia mi vestirò di viola
con un cappello rosso che non si intona e non mi dona
e spenderò la mia pensione in brandy e in guanti estivi
e in sandali di satin, e poi dirò che non abbiamo soldi per il burro.
E mi siederò sul marciapiede quando sarò stanca
e arrafferò gli assaggi nei negozi e premerò i campanelli degli allarmi

e farò scorrere il mio bastone lungo tutte le inferriate
e mi rifarò della sobrietà della mia gioventù.
Uscirò in pantofole sotto la pioggia
e raccoglierò i fiori nei giardini degli altri
e imparerò a sputare.
Potrai indossare terribili camicie e ingrassare
e mangiare tre libbre di salsicce in una sola volta
o solo pane e sottaceti per una settimana
e accumulare nelle scatole penne e matite e sottobottiglia da birra e cianfrusaglie.

Ma ora dobbiamo mettere vestiti che ci rendano sobri
e pagare l’affitto e non imprecare per strada
e dare il buon esempio ai bambini.
Dobbiamo avere amici a cena e leggere i giornali.

Ma forse dovrei cominciare a fare un po’ di pratica adesso?
Così la gente che mi conosce non rimarrà troppo scioccata e sorpresa
quando d’improvviso sarò vecchia e comincerò a vestirmi di viola.

 

Al prossimo aggiornamento,… i vostri commenti saranno sempre graditi  ;-)