Oggi vorrei riprendere in mano un sentito tema quotidiano, ovvero il momento in cui la famiglia si riunisce a tavola: per la colazione, per il pranzo, e certamente nel momento più importante di fine giornata, la cena.

tutti a tavola

Avete i capelli già dritti?! Eh già, per molti di noi la gestione dei pasti quotidiani è puro stress, carico di tensioni, raccomandazioni, pressioni, e litigi, ahimé.
In realtà ne ho già parlato qui nel 2011 (magari dategli una ri-lettura veloce), sul blog della simpatica ed esplosiva Sonia, in arte Izn, concentrandomi allora soprattutto sulla questione dello svezzamento, elencandovi i più diffusi errori praticati fin dall’allattamento:

1) allattare/mangiare davanti alla Tv
2) dare da mangiare al bambino separatamente dal pasto famigliare
3) somministrare le super-mega-mescoloni-pappe coperte di Parmigiano

Vorrei ora, invece, allargare l’argomento a tutta la famiglia, grande o piccola che sia: madre, padre, figlio/figlia, nonni, cugini, parenti vari, amici e ospiti occasionali.

Come situazione di partenza ho in mente più o meno la seguente scena:
La Tv è accesa e si sente pure quella dell’appartamento della vicina anziana sorda; la madre corre fra cucina e tavola assaggiando ogni tanto qualche boccone (mentre sogna un’isoletta felice e tranquilla tutta per sè); il padre è assorbito dal telegiornale (e si preoccupa del suo lavoro-della politica-eccetera, senza dire una parola) pensando che vorrebbe solo stare sul divano in santa pace. Il ragazzo/ragazza adolescente non si stacca dal cellulare (FB, giochini vari, etc) mentre pensa rassegnato ai compiti da finire; un bimbo/bimba sui 3-4 anni gioca col cibo senza mangiare (in fondo non ha tanta fame e preferisce trastullarsi); la zia in visita aiuta in cucina lavando magari il piatto mentre si disquisisce sui “tempi di una volta”.

Descrizione stereotipata? Non vi riguarda? Siete single? O siete la famiglia del Mulino Bianco? O siete individualisti e mangiate ognuno con i propri tempi, magari in piedi in cucina o davanti alla Tv, o al computer?

Seguitemi lo stesso se ci tenete a salvare un pezzettino di valore dell’essere umani, perché la felice condivisione del cibo è alla base di una società sana, piccola e locale, regionale o mondiale.

Se la famiglia perde questo aspetto primordiale della cultura umana, perde le sue fondamenta. Senza la condivisione dei pasti, essa si trasformerà soltanto in asettica carta stampata nell’ufficio anagrafe.
Se nel regno animale troviamo la “formula alimentare base”; fame-ricerca di viveri-mangiare-saziarsi-stop, per l’essere umano (questo misterioso abitante sulla terra) vale in aggiunta il principio della cultura alimentare: una complicata miscellanea fra necessità (fame), scoperta del fuoco, ricerca della trasformazione e conservazione, potere del sapere scientifico, potere commerciale, fino alle recenti mono-colture alimentari delle multi-nazionali, minacciando le meravigliose bio-diversità regionali e nazionali. Last but not least, il preoccupante dato che circa la metà del cibo industriale prodotto viene buttato: alla faccia della fame e denutrizione in vaste aree del nostro folle mondo.

In origine quasi tutto era condiviso nel bene (raccolta ricca) e nel male (fame): lavorare la terra, lavorare il proprio appezzamento di terra, condivisione della caccia, condivisione della trasformazione del raccolto, la conservazione, la distribuzione regionale; e infine la condivisione a tavola, preceduta tradizionalmente da un ringraziamento o una preghiera di gratitudine per il pasto quotidiano. Mi ricordo bene anch’io da bambina la preghierina dovuta, prima di potersi tuffare sul cibo, affamàti.

Oggi il “sacco” con cui si raccoglieva il cibo in natura è mutato nel carrello del supermercato; il naso che annusava i frutti della terra è stato sostituito dalle tabelle degli scienziati-esperti; e le mani che lavoravano la terra volano ora sui tasti del computer per cercare ciò che consigliano i “Guru dell’alimentazione” di turno.
Lo sapevate che i banchi di frutta e verdura fresca sono sempre posti all’ingresso del supermercato, proprio per soddisfare il vostro antico “cervello di raccoglitore”, suggerendovi forza, natura, profumi, colori, abbondanza e bellezza!? Nulla è lasciato al caso in un supermercato.

La tavola risulta quindi una cartina tornasole per ogni società. Osservate ciò che succede nelle cucine e nelle mense(!) e come ci si comporta a tavola, e capirete il gusto-disgusto per la vita di una società.
Ovviamente ci sono altri indicatori interessanti: il *come* si nasce, il *come* si muore, il *come* si tratta il contadino, il *come* ci si rapporta con le altre forme di vita sulla terra, il *come* si educano i bambini… ma la cucina e la sua tavola sono sicuramente il caloroso cuore battente di ogni cultura umana.

Dove si incontrano fra loro le persone che devono prendere decisioni, conoscersi, stipulare contratti e risolvere questioni? Ebbene, proprio a tavola: perché con la pancia vuota si ragiona piuttosto male, si è impazienti, irritati e distratti.

Al di là del fatto che la tavola sia povera, ricca o lussuosa possiamo individuare due macro-gruppi:

  • tavola rotonda, senza un evidente capotavola; pensiamo, per esempio, a quello di Re Artù, simbolo eccelso dell’uomo che cerca se stesso nella condivisione con gli altri. Ma pensiamo anche a un semplice pic-nic, o all’abitudine in molti paesi di stare seduti tutti intorno al fuoco, oppure alla ciotolona grande con il cibo da dove ci si serve direttamente con le mani.
  • tavolo lungo e quadrato con un evidente capo-tavola: re e regina, patriarca, capo-gruppo, capo-famiglia, capo-cantiere, capo-azienda, capo-…, come anche la coppia degli sposi, il festeggiato del compleanno. Ma questo succede poche volte all’anno! Il classico capo-tavola nasce probabilmente nel sistema patriarcale dove il capo è il riferimento assoluto: punto. Fortunati gli altri se era uomo di coscienza, di lungimiranza e di saggezza: gloriose eccezioni come risulta dalla lunga storia umana. Di solito era capo e basta, ciò significa che gli *altri* dovevano stare zitti ed eseguire. Che fosse il re o il capo-famiglia dei contadini o capo-ladro dei sobborghi faceva ben poca differenza.

Ma torniamo ora al nostro quotidiano: il nostro *oggi*.

Càpita non raramente che il capo-tavola sia il nostro meraviglioso bambinetto di turno, specie se primo-genito o figlio unico; ma anche un secondo o terzo figlio riesce a volte a dominare la scena e le dinamiche dell’intera tavolata. Facilmente un papà capo-ufficio, direttore di azienda (abituato a dirigere) non riesce a gestire la situazione del figlio in subbuglio a tavola, nè da solo, nè assieme alla sua partner o moglie.
È doveroso farsi qualche domanda! A mio avviso i genitori sono semplicemente ed inesperti (quindi insicuri), in quanto loro stessi vittime di un sistema educativo per il quale il bambino viene servito, complimentato e adorato senza limiti, inondato di regali e leccornie, insomma eletto fin da piccolissimo a principino o principessina.

Dal capo-famiglia al capo-rampollo che strilla, rifiuta il cibo, butta tutto per terra e vuole scendere dal seggiolino (scenario estremo, per fortuna non la regola) il passo è breve.

Mi riallaccio ancora all’immagine iniziale: il padre col telecomando, la madre cuoca-volante-brontolona, i figli grandi col cellulare… e il nostro rampollo con le sue performance di turno. Fiuuuuu…

Come siamo quindi arrivati a tutto questo ?

Le radici del problema sono senz’altro molteplici: adulti perennemente stressati, spesso loro stessi immaturi e ansiosi (in quanto poveri di esperienze pratiche e multiple di vita), nonni moderni (ansiosi, Tv-dipendenti e privi di pratica saggezza), perenni stress uditivi (il nostro mondo urla ovunque), mancanza di movimento sano (correre in un prato), cibo e bevande neuro-eccitanti, farmaci soppressivi, e last but not least “educatori” in ogni dove.
Completamente mancanti sono invece momenti di auto-sperimentazione che permetterebbroe di imitare, per esempio, altri bambini di età superiore: insomma, manca la classica “tribù mista”.
Per motivi di spazio ho semplificato, e per fortuna non tutti gli elementi elencati sono in genere co-presenti; ma la tendenza è purtroppo questa, anche se, va detto, ci sono parecchie famiglie consapevoli, che riescono a staccarsi da questo modello estremamente negativo e diseducativo.

Passiamo quindi ai consigli pratici: come uscire da certi circoli viziosi

A mio avviso è più facile di quanto sembri. Secondo la mia esperienza è utile aggiungere esperienze nuove alle già avviate e incallite, per perseguire un naturale gusto al cambiamento, per il semplice fatto che tutti saranno poi più contenti.

Eccovi qualche idea da sperimentare:

  • pic-nic all’aperto con 2-3 nuclei familiari, amici, zii, nonni della porta accanto; chi ha coraggio può proporlo anche nel condominio per cui tutti portano qualcosa da casa rigorosamente fatto con le proprie mani e chi non ci sa fare organizza qualcosa di fatto a mano nella propria cerchia familiare (nonne, zie, vicine di casa, amici).
  • pic-nic per terra in casa, perché no?! La prossima domenica che piove fate la colazione verso le ore 9 nel bel mezzo del salone, e i bambini arredano: cuscini per terra, una bella tovaglia colorata, cibo in tante ciotoline, approfittate per portare “in tavola” cose nuove: olive, pinzimonio, uova sode, tahin, frutta secca, frutta fresca, una macedonia. La colazione sana è ricca, salata e dolce. Condivisa. Altro che tè o latte con i biscotti. Invitate una o due persone per creare un’atmosfera di chiacchiere e condivisione. La nonna coi reumatismi o il babbo con la sciatalgia possono stare in poltrona, e i bambini possono servire loro quel che desiderano. E sarebbe stupendo che qualcuno suonasse nel frattempo anche uno strumento musicale.
  • organizzate un incontro in un agriturismo, prenotate un grande tavolo per 2-3 famiglie e amici. Concordate con la cucina prima (!) il cibo per tutti (nessun ordine individuale!); tutto viene portato sul tavolo in contemporanea,e ognuno si serve quel che desidera. Questo faciliterà gli assaggi e la condivisione. In fondo è una variante del pic-nic a casa.
  • mandate i vostri figli in famiglie che approvano questo tipo di approccio, e ospitate i loro figli per il medesimo esperimento.
  • evitate accuratamente la cena classica dove cucinate da soli; molto meglio radunare 2-3 cuochi volenterosi che cucinano assieme, oppure come piace a me: ognuno porta del buon cibo preparato a casa, chi ospita mette i piatti e qualche delizia o semplicemente il servizio-lava-piatti. Insomma vi mettete d’accordo secondo i vostri gusti e preferenze.
  • un consiglio per le mamme: coltivate la sorellanza fra donne di tutte le età e tutte le etnie. Ogni vera amica si farà un po’ vice-mamma per il vostro figlio: sta nella natura femminile. Diventa un po’ come nelle favole, quando arrivano le tre fate con il loro personale augurio (e non tiratemi fuori adesso la fata cattiva!). L’amica vera avrà piacere di ospitare vostro figlio (magari grandicello) ogni tanto alla sua tavola e per voi è uno in meno a desinare!
  • un consiglio per i papà: associatevi con altri padri e portate i vostri figli in piscina oppure a vedere i cavalli, gli asini, o le mucche al pascolo (sarà un po’ dura trovarlo ‘sto pascolo, ma siete uomini, quindi datevi da fare: le mucche al pascolo hanno anche qualche padrone su internet). Dopo, si mangia al sacco con quello che c’è, magari in macchina modello-super-basic, senza tanti extra (come tenderebbero a fare le mamme). La vostra partner/moglie sarà felice! Se invece non si fida, o è eccessivamente ansiosa, o non vuole mollare il controllo su tutto (morbo piuttosto grave e diffuso), provate a convincerla a farvi partire lo stesso: farà bene a tutti.

Lo scopo di questi piccoli consigli è la sperimentazione di co-presenza, di co-divertimento, quindi di con-divisione; nella speranza che tutti desiderino portarlo nel proprio quotidiano, ancorandolo nella propria memoria emozionale: la memoria che detta legge per tutta la nostra esistenza.

Come chicca finale vi allego questa bella metafora sulla vita in paradiso, e ovviamente anche all’inferno:
“Un brav’uomo ebbe un giorno modo di incontrare Dio e gli disse: Signore, mi piacerebbe vedere un attimo il Paradiso e l’Inferno. Così Dio condusse l’uomo curioso verso due porte. Aprì la prima e lo invitò a guardare all’interno. Al centro della stanza c’era un enorme tavolo rotondo.

Sul tavolo, al centro, si trovava un grande recipiente colmo di cibo dai profumi appetitosi. L’uomo sentì subito l’acquolina in bocca. Ma le persone sedute al tavolo erano magrissime, dall’aspetto infelice e malsano. Tutti erano visibilmente affamati. Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi direttamente attaccati alle loro braccia. Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne, ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio, non riuscivano a portare il cibo alla loro bocca. L’uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze, e Dio disse: Ecco, hai appena visto l’Inferno.

Allora si diressero verso la seconda porta; Dio l’aprì. La scena che l’uomo poteva osservare era identica alla precedente. C’era la tavola rotonda, il recipiente pieno di cibo delizioso che gli fece ancora venire l’acquolina. Le persone avevano anch’esse i cucchiai dai lunghi manici. Ma stavolta erano ben nutrite, felici e chiacchieravano tra di loro con piacere. L’uomo si rivolse a Dio: Ma non capisco!
Semplice — rispose Dio — dipende solo dall’abilità. Queste persone hanno imparato a nutrirsi reciprocamente, mentre gli altri non pensano che a se stessi”.

Chiudo, contando su qualche vostro commento. Idee, esperienze proprie, e suggerimenti sono come sempre ben accolti e utili.